
“La sua architettura è chiara, schietta, larga: essa rivela francamente la funzione degli edifici e nello stesso tempo è nobilissima e grandiosa. La facciata principale è costituita da un unico colonnato gigantesco, binato, sormontato da un attico e completamente aperto; la stazione sarà separata dalla piazza solamente da una vetrata attraverso la quale sarà possibile la visione di tutto il movimento dei treni: spettacolo moderno, vivo, dinamico. Pur essendo saporitamente moderno, nella sua schietta essenzialità, il portico ci richiama la larghezza e la maestà delle grandi composizioni romane, come i grandi porticati delle basiliche e dei fori. I fianchi si iniziano tanto su Via Marsala che sul Viale Principe di Piemonte con una serie di archi comprendenti l’altezza di due piani e sormontati da un altro ordine di archi, la cui luce è metà di quella degli inferiori: questi ultimi sono tagliati da una pensilina. Nella saletta Reale e Imperiale viene richiamato il motivo del prospetto principale con un portico assai più piccolo e di carattere diverso, semplicissimo e pure signorilmente raffinato. Un motivo dominante nei prospetti minori è quello del portico architravato a grandi luci, sorretto da colonne tozze senza capitello e sormontato da due ordini di finestre quadrate, a semplice taglio nel travertino. In complesso l’architettura è basata sul funzionamento, com’è logico in una stazione, e segue passo passo le singole necessità, palesandole esternamente: ne sono scaturiti dei fianchi vari, movimentati, interessanti, gustosi, pur conservando un carattere unitario. Vero è che le funzioni che si compiono in una stazione non sono molto elevate nella scala dei valori spirituali e sotto questo punto di vista ci si dovrebbe attenere ad un’estrema semplicità. Aspre critiche sono state mosse infatti ad altre stazioni, giudicate eccessivamente monumentali; ma in questo caso l’edificio della stazione domina una vasta piazza centralissima, su cui sorgono altri monumenti di grande valore: è insomma uno degli elementi più importanti della città, e sarà continuamente sotto gli occhi di tutti. Dobbiamo anche riflettere che la stazione è il primo edificio che si vede arrivando: quello che ci dà il benvenuto e che deve subito rivelarci il carattere della città in cui si giunge. A conferire nell’insieme un aspetto particolare di signorilità contribuiranno assai i materiali impiegati,molto affascinanti. Le grandi colonne saranno in travertino romano; così pure i muri esterni saranno quasi ovunque rivestiti con lastre di travertino disposte a giunti continui. Le pensiline saranno rivestite in mosaico di vetro. Negli interni i marmi saranno usati con larghezza e possiamo anzi affermare che in tutti i particolari già studiati si nota la preoccupazione costante di attenersi alle migliori soluzioni, pur tenendo presenti le considerazioni economiche. Angiolo Mazzoni, che attraverso una serie di lavori, molti dei quali importantissimi (Stazione di Messina, di Reggio Calabria, di Bolzano, di Siena, di Montecatini, di Littoria ecc.; Palazzi delle poste di Agrigento, Sabaudia, Littoria, Grosseto, Massa, Pistoia, Gorizia, Novara, Ostia, ecc.), ha continuamente raffinato la propria sensibilità artistica,dalla stazione di messina in poi.porticato eccessivamente lungo che congiunge la stazione centrale con la marittima poteva forse essere risparmiato), da . La stazione di Roma, concepita nello stesso clima, ma ricca di ben altri mezzi, nata con maggior impeto creativo, costituirà un’opera di ben più alto valore. Ammirevole figura, quella di Angiolo Mazzoni! Pur dirigendo un ufficio e sopportando tutti i pesi della burocrazia, è riuscito ad imprimere, con fede e tenacia, a tutti gli innumerevoli lavori a lui affidati, il soffio vivificatore dell’arte e di uno spirito nuovo là dove da tempo l’architettura era limitata ai compiti modesti di pratiche di ufficio. Questo singolarissimo funzionario ha saputo conferire alla carica che egli copre nel Ministero delle Comunicazioni una importanza eccezionale ed un tono del tutto personale.”
Di Mazzoni si è parlato anche in termini futuristi, oltre che per l’adesione al manifesto di Martinetti e la vivace militanza, per via di quelle soluzioni aerodinamiche che trasformano i suoi edifici in carlinghe spaziali, oppure in termini costruttivisti, evidenti nell’avveniristica Centrale Termica alla stazione di Firenze del 1933. Ma è altrettanto importante ricordare in Mazzoni l’uso e la conoscenza degli elementi classici e delle tecniche costruttive antiche, evidenti nei grandi saloni voltati della Stazione Termini, simili a quelli dell’età romana. , realizzati sfalsando tra loro i mattoni e imitando così la corteccia della palma. Novecentismo, futurismo, costruttivismo, razionalismo: l’opera di mazzoni sembra coinvolgere l’intero lessico architettonico del secolo mediante Sperimentazione e sintesi in una ricerca formale e funzionale che rende l’autore un rappresentante della continuità culturale col resto d’Europa.
In realtà, Mazzoni giocò un ruolo determinante nella modernizzazione degli apparati di Stato e contribuì in modo radicale a definire alcune delle immagini forti del “Moderno” in Italia. Lavorando per uno dei Ministeri che più di altri influirono nella messa in rete delle grandi infrastrutture della telecomunicazione come i servizi postali e telegrafici, telefonici e ferroviari, egli influì con grande originalità alle elaborazione di una immagine profondamente rinnovata dell’edilizia pubblica e del suo più immediato messaggio, come strumento di comunicazione di massa.
In maniera sostanzialmente parallela a quanto avveniva negli stessi anni per opera di altre strutture globali dello stato fascista in termini di opere pubbliche attraverso la realizzazione di ponti, strade ospedali case del Fascio e via dicendo, il contributo di Mazzoni alla definizione di un’immagine forte e convincente che allo s tesso tempo risultasse moderna, istituzionale, proiettata verso il futuro delle nuove tecnologie e insieme tenesse uniti i temi dell’adesione alle memorie e ai significati etnico-antropologici e storico-geografici dei luoghi risulta, soprattutto alla distanza dei decenni che ci separano da quelle esperienze, sicuramente fondamentale.
Egli riuscì, attraverso l’impiego di morfologie fortemente simboliche, ancorate insieme alla lezione futurista e a quella novecentista, l’adozione di tecnologie facenti capo alle innovazioni più aggiornate e di materiali tradizionali come la pietra, il marmo e il mattone, la dimensione dichiaratamente urbana delle sistemazioni alla scala”cittadina”, a dare un’idea di architettura capace di affermarsi e di sopravvivere al tempo e alle mode.
Un’architettura solida, quella di Mazzoni, capace di trovare pur nelle situazioni maggiormente a rischio compromissorio soluzioni originali e innovative, appunto nella strutturazione degli interni e nella scelta delle soluzioni dei materiali (dal mattone, di cui ha fatto molto uso, alle pietre, al vetro, al metallo), quando nella puntualità progettuale certamente originale degli stessi arredi.del quale sorprende la capacità di conferire sempre a ogni sua realizzazione , anche la più modesta, una capacità evocativa, una coerenza linguistica, una complessità strutturale e una ricchezza di significati raramente riscontrabili in opere simili.
Il respiro internazionale della produzione mazzoniana testimonia così la capacità dell’autore di dialogare in profondità con alcune tappe centrali della cultura europea, dall’espressionismo tedesco al costruttivismo sovietico, rivelando poi la capacità di assorbire e reinterpretare anche i coinvolgimenti più profondi dello sperimentalismo italiano. Sono, infatti,rintracciabili nel suo lavoro percorsi immaginativi dal “Novecento” al Razionalismo, ma anche da questo al “Novecento”, entro occasioni progettuali complesse e particolarmente sofferte.E’ indubbio che ogni proposizione di Mazzoni dal livello strutturale a quello dei rivestimenti e degli arredi risulta corrispondere ad una acuratezza progettuale ed estrema cura di realizzazione ed esecuzione, in una profonda consapevolezza delle valenze del manufatto architettonico, dall’impianto complessivo ad ogni più circoscritto particolare. Immaginava un’architettura di plasticità spaziale ed una qualità vivibile e persino, a volte, affabile dei rapporti di spazialità interna.
La sua creatività passava per un’alta professionalità progettuale e realizzativa, una sapienza operativa volumetrica, spaziale, materiologica.
Infine, l’esempio mazzoniano, nel suo profilo complessivo, costituisce una delle prove maggiori di un’epoca, che si è rivelata fra le più intense quanto a consapevolezza professionale dell’operare architettonico. Come pure dell’operare architettonico, proprio perché era caratteristica diffusa della moralità del tempo, che non ha niente a che vedere con il Fascismo; ma risiede nel patrimonio d’una classe di professionisti espressi da una borghesia di cultura ed etica risorgimentale, che nel regime fascista ha trovato, sostanzialmente, soltanto lo strumento di una propria autonoma realizzazione.